Scrivono per noi
La (di)vina Commedia
Dalla porta di Gerusalemme la discesa agli inferi dantesca inizia, nel nostro caso, con connotazioni paradisiache anche là dove l'afflato mefistofelico è più vivo ed evidente che altrove, come sull’Etna di Filippo Grasso, in contrada Calderara: nomen omen, siamo su un terreno di pietra calda, lavica, su sassi vulcanici e terra nera dove intricati alberelli di nerello mascalese e nerello cappuccio s'inerpicano assieme a quelli, a bacca bianca, di carricante, catarratto e minnella bianca, dando vini che sono essi stessi sorsi sferzanti e salaci di vulcano. Dal Canto V dell'Inferno attingiamo poi alcuni dei versi più celebri della Commedia: “Amor, ch'a nullo amato amar perdona” proferiscono Paolo e Francesca, vittime di un amore esiziale che prese forma nelle terre romagnole di Poderi dal Nespoli e del suo imperioso Sangiovese Da Maggio. Un Contrappasso? I vini del vento per antonomasia, quelli della sarda Audarya che alla "nobiltà d'animo" del suo nome associa i fieri vitigni autoctoni della zona. E se è pur vero che la terra del vino più spesso associata all'Inferno è la Valtellina - che non a caso così ribattezza proprio la più impervia delle cinque sotto-zone della DOCG - è anche vero che è nell'Oltrepò pavese che albergano i vini di Giuda, come il famoso "sangue di Giuda" di Montagna-Bertè Cordini in quel di a Broni (PV). Quanto al Purgatorio, una terra di mezzo tra dannazione e beatitudine si ravvisa a Soave, dove una terra basaltica di matrice vulcanica molto attiva presiede alla fortuna di Ca' Rugate, lungo quattro generazioni e un secolo di storia del vino italiano. Qui dimora la Garganega, solo recentemente combinata col Trebbiano di Soave nel Monte Fiorentine, "una pezza di terra montiva, arrativa, con vigne, morari et olivi, giacente in pertinenza di Brognoligo", come cita un documento del 1783. Arriviamo dunque in Paradiso, dove nel secondo cielo, quello di Mercurio, furoreggiano gli spiriti danzanti che, per amor di fama, operarono il bene: eccoci allora con alcuni grandi Metodo Classico che se da terzi mutuarono storia e ambizioni, “virtute e canoscenza” professano nei cristallini sorsi de Le Vedute - cantina che, racchiusa da un antico brolo, si inerpica sulle pendici del Monte Orfano - e Villa Franciacorta: nomen omen per uno dei più imponenti storici - e di soli millesimati, per giunta - della Franciacorta contemporanea. Chiudiamo il sipario sul quarto cielo dove, dal Sole coi suoi spiriti sapienti, Edi Kante illumina il firmamento con la rosa dei vini del Carso, anche in vecchie annate.