Scrivono per noi
L'Etna e le sue contrade
Un’isola vulcanica, e bella, come quella della Sicilia non poteva che avere il destino tracciato, e non poteva che esprimersi, con successo, anche nel campo del vino. La storia dell’Etna è catalogata spesso come “recente", ma in realtà l’Etna Doc nasce nel 1968. Si tratta di una delle prime denominazioni ad essere nate in Italia. I vigneti, principalmente sviluppati ad alberello, sono tra i più vecchi d’Europa, e sono nati dalle colate di lava del 1646, 1879, 1911 e nell’ultima, non distante da Randazzo, uno dei grandi centri produttivi, nel 1981. Suoli antichi: si passa da quelli del 122 a.C a quelli di 15.000 e 40.000 anni fa. È un epifenomeno, dopo la rottura del basalto, e il suo diventare sabbia e tufo, il terreno è la culla fertile per la nascita di aziende vinicole. Fertilità smisurata e variegata che portano presto a far ragionare i produttori e il consorzio di tutela della Doc che, forte degli esempi presenti già in Piemonte o in Romagna, senza disturbare la Borgogna e i suoi Pinot Noir, a cui spesso il Nerello Mascalese - l’uva protagonista - viene associato, decide di fare chiarezza e mappare le parcelle qui note come Contrade. Che sono ben 133, distribuite tutto intorno a quella che viene definita “a Muntagna”: l’Etna. Inserite e riconosciute dal disciplinare di produzione dal 2011 rappresentano i 118 (l’1% della superficie regionale) ettari della superficie vitata dell’isola, e che diventeranno 183 a partire dalla vendemmia 2020. Ci sono ca. 140 cantine che vinificano in quattro versanti, rendendo così diversi e sfaccettati i volti dei vini che tanto piacciono e divertono il pubblico per questa loro capacità di trasmettere le diverse caratteristiche dell’Etna. Per raffigurare l’areale produttivo si parla infatti di una “c” rovesciata ove a nord si sviluppa la maggior parte delle contrade, i cru, inserirti nel disciplinare di produzione. A Randazzo e Castiglione di Sicilia ci sono rispettivamente 46 e 25 contrade, cui segue per numeri Passopisciaro, uno dei principali epicentri produttivi. I minerali, le sabbie e le rocce del nord lasciano ad est, nella zona di Milo, mai paga di vento, spazio ad altre varietà adatte alla produzione di rosati e bianchi. Qui, l’uva bianca Carricante viene raccolta anche a 900 meri s.l.m. Mentre a sud-ovest c’è Biancavilla, il paesaggio si impreziosisce di altri vulcani spenti, le argille e le sabbie si percepiscono nei vini che risultano più eleganti, acidi e salati. Con 4 milioni di bottiglie prodotte nel 2020, l’Etna Doc è tra le zone produttive più emergenti d’Italia, che con la zonazione messa a punto dei suoli non potrà che crescere in termini di appeal e popolarità.