Scrivono per noi
Armocromia sensoriale, il vino tradotto a naso
Se il colore del vino è il suo biglietto da visita, preludio di ciò che esprimerà, il profumo, lo segue in un crescendo di emozioni odorose che spesso ne rivelano la vera identità.
Tenue o intenso, percorso da brividi freddi o da sfumature caldissime, il vino si presenta in una serie quasi infinita di combinazioni cromatiche che, a volte, anticipano il suo stato di “forma”. E creano aspettative e curiosità che portano a formulare ipotesi sul vitigno utilizzato, sulla zona d’origine, sul tempo passato in acciaio, legno e vetro. Il colore del vino può tendere a qualche tranello, ma nella maggior parte delle volte è sincero.
Fragranti sentori di frutta, erbe aromatiche e fiori bianchi appena colti riportano alla mente la brezza rinfrescante che attraversa i filari disposti in alta collina o stretti terrazzamenti di montagna e a una vendemmia precoce per preservare la freschezza delle uve. Questi profumi probabilmente si accompagnano a un colore giallo verdolino delicato e diafano come un velo di tulle, mantenuto intatto da una manciata di mesi passati in acciaio, materiale del quale il vino sembra riproporre il freddo effetto tattile che ha conservato pressoché inalterata la fragranza dei profumi e dei sapori.
Il profumo, può anche svelare intriganti indiscrezioni sull’identità del vitigno. Stuzzicanti note di muschio e pesca bianca, mela verde e pera, agrumi e susina, erba fresca e fiori di campo, salvia e lavanda, richiamano immediatamente muller thurgau, kerner, sylvaner molto giovani, rinfrescanti come la rugiada che all’alba imperla i prati delle alpine.
Se il profumo è più gentile, dolce e meno aromatico, si può pensare a un pinot bianco, odoroso di peonia e gelsomino, a un fruttato petite arvine, con qualche nota di felce e menta, a un arneis con nuance di fiori di acacia e biancospino,
erbe aromatiche e frutti esotici.
Ma quali vitigni si presentano senza segreti se non gli aromatici?
Un esuberante intreccio di lichi e mango, melone e pesca gialla, rose gialle e caprifoglio, miele e cedro candito, noce moscata e zenzero, è l’inconfondibile profumo di un gewurztraminer non accarezzato da legno nonostante le frequenti e un po’ ingannevoli sfumature dorate, regalate dalla buccia che a piena maturazione assume un particolare accenno di rosa. E nelle migliori espressioni alsaziane, un tocco di mineralità. Non solo, la morbidezza di queste uve si presta alla perfezione alla raccolta in vendemmia tardiva e all’attacco della Botrytis cinerea che arricchisce i vini con sentori ancora più dolci e avvolgenti, ricordi di miele e pesche sciroppate, confetture di albicocca e cannella, zenzero candito e scorza d’arancia.
Il particolare tocco della muffa nobile può essere accompagnato anche da una sorprendente pennellata di zafferano su uno splendido sfondo dorato. Questo accento speziato rappresenta il prezioso sigillo di alcuni Souternes, in cui la mirabile collaborazione tra vitigni, su tutti il semillion, accompagnato dal vivido sauvignon e dal delicatamente aromatico muscadelle oltre al territorio delle Graves e l’intervento delle Botrytis cinerea crea bouquet dolci e irresistibili, sfaccettati tra confettura di pesche e cera d’api, albicocche secche e spezie dolci sotto un impalpabile velo di miele. A volte qualche nota iodata e balsamica.
Le lucide sfumature cromatiche di vini passiti, che ricordano l’oro antico, trasmettono il calore dei raggi solari e raccontano di tiepidi pomeriggi autunnali, nei quali grappoli di malvasie e moscati aspettano impazienti di essere raccolti. Il movimento di questi vini nel bicchiere, con la formazione di piccole schegge d’ambra, lascia sfuggire, sfumature odorose di albicocche e fichi secchi, miele e
confetture, torrone e vaniglia. La particolare aromaticità svela il vitigno ancora una volta, con il riconoscimento di note abbrustolite e caramellate, a volte iodate, di una Malvasia delle Lipari, di spruzzi di fresche erbe aromatiche e agrumi canditi di un moscato giallo o ancora salvia appassita, macchia mediterranea e fiori di zagara di un passito di Pantelleria ottenuto da un moscato di Alessandria.
In questo mosaico di profumi inconfondibili, riesce a ritagliarsi uno spazio significativo anche la glera, molto più timida e delicata, in grado di trasferire la sua fragile aromaticità nelle fragranti bollicine del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, con sentori di pera e mela, biancospino e fori bianchi.
In tema di briosa effervescenza, non si può non riconoscere al versatile e poliedrico chardonnay lo scettro dell’eleganza, che in straordinari champagne blanc de blancs sa coniugare sentori di ananas e nocciola, cipria e pan brioche, burro fuso e confettura di agrumi, creati dal lungo riposo in bottiglia a contatto con le fecce fini, perfettamente integrati con una innata mineralità regalata dal
craie, il famoso gesso di quel territorio. Se una spiccata nota minerale di pietra focaia e silex da cornice a un cesto di frutta esotica e acacia, miele e ginestre, frutta secca e sottobosco, anice stellato e boisè, prende corpo l’idea di uno Chablis Grand Cru, con il chiaro imprinting del terreno ricco di calcare e di una discreta evoluzione modulata dalla calda mano del legno della barrique.
Vaniglia e altre spezie dolci, frutta matura e agrumi canditi, cipria e croissant, sono i testimoni insospettabili di una sosta in legno più o meno prolungata che, se ben dosata, permette al vitigno di continuare a recitare il ruolo da primo attore. Come accade proprio allo chardonnay nel leggendario Montrachet, nel quale sentori di banana e ananas maturi, crema pasticciera e burro, confetture di agrumi e tartufo bianco, nocciole e mandorle tostate, avvolti dallo splendido alone minerale di un suolo ricchissimo di calcare, a tratti alternato con marne e argille.
Un affascinante colore oro-verde algido e cangiante, anticipa spesso il profumo del Verdicchio di Castelli di Jesi, declinato su di uno sfondo di agrumi e frutta esotica, tiglio e camomilla, timo e salvia, sfumato di delicate note nel Verdicchio di Matelica, più morbido e destinato a importanti evoluzioni che si arricchiscono di una più spiccata mineralità.
Il filo conduttore delle sfumature oro-verde e della mineralità, conduce ad alcune espressioni di sauvignon blanc che offrono un mirabile intreccio tra vitigno e territorio. Il sauvignon blanc sa infatti declinare la sua prorompente personalità olfattiva in Poully Foume e Sancerre della Valle della Loira, nei quali le note di pietra focaia e polvere da sparo regalate da suoli ricchi di silice,
intessono una trama infittita dai caratteristici sentori vegetali e agrumati. Queste ultime tracce odorose esplodono ancor di più in alcuni sauvignon blanc del marlborough, dominati da incisivi sentori di lime e pompelmo, frutto della passione e uva spina, fiore di sambuco e foglia di pomodoro.
Se il profumo è un intreccio di paradigmatici sentori di idrocarburi con note di pesca e mela cotogna, pepe rosa ed erbe aromatiche, l’ipotesi più immediata è quella di un riesling della Mosella, al quale il terreno ha regalato questo sferzante effetto odoroso, che troverà una perfetta corrispondenza in un assaggio sapido, reso ancora più vivido da una spiccata acidità, suggello e
garanzia di longevità.
Incisive note minerali possono arricchire anche il profumo del timorasso, accompagnate da sfumature di cedro e susina, del pigato che, con qualche anno sulle spalle, sono avvolte in un alone di aneto, rosmarino e frutta esotica matura. O ancora del greco di Tufo, in grado di estrarre la sua intima essenza dai suoli vulcanici sui quali sono impiantate le viti, oltre ad esprimere ricordi di
agrumi, mela limoncella e frutta secca.
In alcuni casi il profumo è ancora più esclusivo ed etereo come quello di una Vernaccia di Oristano, mosaico profumato di ceralacca e smalto, dattero e mandorla tostata, amaretto e cioccolato fondente. E profondi accenti eterei caratterizzano anche il profumo del Tokaji, ottenuto da furmint e altri vitigni locali, con sfumature di vernice, marzapane, dattero e vaniglia.
Condizioni climatiche estreme, come quelle che portano alla produzione degli icewine dell’Ontario, non possono che condurre a vini originali e inconfondibili. A dispetto del ghiaccio che ha imprigionato a lungo i grappoli intirizziti, questi vini offrono caldissime tonalità ambrate e profumi di spezie dolci e frutta candita, miele e frutta sciroppata.
Enigmatico e intrigante, l’intreccio tra il profumo e il colore del vino, può mettere a dura prova la curiosità e le conoscenze di chi lo ama, ma ripaga questa grande passione svelando ogni suo segreto. A poco a poco. D’altra parte le conquiste più difficili sono quelle che danno le maggiori soddisfazioni.