Nuovi Trend di Mercato
Vini Bianchi? La riscossa dello stile del Sud Italia
Il Sud Italia è un territorio enigmatico e inesauribile che sorprende per l’incredibile varietà dei suoli e per la biodiversità dei vitigni a bacca bianca. Sono meridionali infatti alcuni dei bianchi più antichi e complessi tra tutti i vini italiani, produzioni che reclamano attenzione, espressione di un patrimonio enologico ricchissimo.
Le mode del vino vanno e vengono, i vitigni e le origini fanno tendenza e poi passano, l’offerta sul mercato è vastissima e talvolta omologata. Ma, ci sono alcune aree viticole capaci di offrire al consumatore esattamente ciò che si può trovare fuori da percorsi abituali uniformati: carattere, personalità e autenticità.
I vini del Sud Italia, ancora poco conosciuti, sono indiscutibilmente portatori di una bellezza sensoriale non soltanto estetica, quanto convinta e consapevole identità territoriale. Esprimono in maniera esplicita il terreno in cui le viti affondano le radici e il microclima specifico che marchia in modo netto la vite e le sue uve. Dai terreni quasi esclusivamente vulcanici della Campania ai mosaici di rara complessità del territorio etneo, dalle arenarie e argille dell’Abruzzo ai terreni alluvionali calabri.
Sud Italia non significa infatti un vino solo ne un solo territorio. Forse non esiste altra regione vitivinicola al mondo che indichi vini piu diversi, per le caratteristiche del terreno, enormemente eterogeneo e vera forza del meridione, per le annate, qui determinanti piu che altrove, per lo stile del produttore e per i vitigni.
Molteplici zone vinicole quindi, che da generazioni vengono coltivate da viticoltori e contadini che hanno allevato quelle varietà che nell’arco dei decenni o addirittura secoli, si sono rivelate le più adatte. Sicuramente caratterizzati da una esuberanza perfettamente equilibrata che li conduce a non esser mai scontati, accade di frequente che il vitigno rimane in secondo piano rispetto al terroir, le cui specifiche particolarità ambientali e di territorio sono capaci di condizionare anche il più calcolato dei risultati. Per molti è sorprendente anche lo straordinario potenziale d’invecchiamento di questi vini. Purtroppo in Italia non c’è una cultura del vino bianco come in Francia e gli stessi produttori sono concentrati sui vini rossi, pochi sono quelli che credono nella loro possibilità evolutiva.
Viaggiando in Sicilia ci si imbatte in vigneti tra paesaggi, colori, aromi come in una sorta di continente in miniatura che sorprende per il mosaico varietale di uve, vitigni e vini unici e quanto mai inediti. Universo vitivinicolo estremamente variegato per differenze pedoclimatiche, territori e culture che si dimostra essere sempre più bianchista. Cresce in tutta l’isola la proposta di bollicine, dai fragranti vini frizzanti ai freschi spumanti Metodo Martinotti e Metodo Classico, alcuni da chardonnay, ma sempre di più da carricante, grillo, catarratto e grecanico. Molti non temono il confronto sul piano della complessità e dell’eleganza, con i migliori prodotti nazionali.
Batte forte il cuore in Sardegna, per i paesaggi, le montagne, il verde delle sue colline, per le cime di pietra dolomitica, altissime e imponenti. E il mare, dalla trasparenza del cristallo liquido verde e turchese. E i profumi dello iodio, della salsedine e della macchia mediterranea, del ginepro, del mirto, degli oleandri, dell’artemisia. Bene, i vini della Sardegna riescono a raccogliere tutti questi profumi e sensazioni nel calice. Una magia? Forse. Di certo i vari angoli di questa regione, ognuno diverso dall’altro, sono ben rappresentati dai tanti produttori di questa terra. Nel solco di una tradizione tenacemente difesa, si colloca il contributo di nobili vitigni, in primis, vernaccia e malvasia, capaci di forgiare complessi bouquet disegnati dalla flora ed esaltati dal tempo, senza dimenticare il vermentino, originale, spiazzante, profondo e complesso.
La Calabria, ha invece pian piano smesso gli abiti di Cenerentola per presentarsi all’eno-mondo che conta. Terra estrema dai colori forti, terra d’inizio per chi viene dal mare e terra di fine per chi scende lo Stivale. Gli originali vini bianchi, esprimendo freschezza e conservando il carattere legato all’altitudine dei vigneti, interpretano rigore e rispetto delle tradizioni del territorio e la sua unicità, in un mondo che corre veloce e che, specialmente nel vino, cerca continuamente mode da seguire.
L’idea di una Puglia del vino arretrata, dedita a produzioni da destinare al taglio e commercio sfuso è solo un ricordo del passato. Smentendo una lunga serie di luoghi comuni, i vini bianchi hanno spiegato le ali donando etichette di qualità. La regione non manca di sorprendere con le potenzialità del bianco d’Alessano, bombino bianco, malvasia bianca, minutolo e moscato bianco, solo per fare qualche nome dei vitigni autoctoni. Ottimo anche lo chardonnay finalmente affrancato da lavorazioni esterofile del passato.
La Basilicata, non solo grande tradizione di rossi, ma è anche voglia di sperimentare e percorrere nuove strade. Cresce l’interesse e la competenza nei confronti di vini bianchi di qualità che dimostra la vocazione a produrre vini che offrono splendide interpretazioni del terroir grazie a una grande spinta acida e a corredi olfattivi eleganti. Recentemente tornata alla ribalta, l’autoctona Malvasia bianca di Basilicata, con le sue doti di elegante freschezza.
Vini impregnati di magma e sale, terra e mare: è questa la Campania, più autentica e fedele che non ha bisogno di costruire a tavolino un’immagine per conquistare consensi e che deve solo impegnarsi perché diventi pienamente percepibile il reale potenziale di una regione che anno dopo anno scala gerarchie enologiche e non solo nazionali. Fiano, falanghina e greco, compongono un trittico punto di riferimento: è qui che abita la mineralità, quella che sa di pietra e zolfo, di toni fumè e scoglio, di echi salmastri e iodio. Senza trascurare alcune piccole chicche: il pallagrello, l’asprinio da alberate o la catalanesca.
Il Molise, terra di confine, crocevia di popoli e di culture. Osci, Piceni, Frentani, Sanniti avevano iniziato un lento ma graduale sviluppo della viticoltura nelle zone piu interne, su terre disboscate e preparate all’arrivo della vite che oggi costituiscono una parte essenziale del paesaggio. Espressioni di falanghina, malvasia e trebbiano risultano lodevoli, dotate di un buon equilibrio gustativo ed eleganti profumi.
L’ultimo tassello del mosaico vitivinicolo del Meridione è l’Abruzzo, situato al 42esimo parallelo e inserito al centro dell’areale di coltivazione della vite nell’emisfero boreale. Da sempre associato ai rossi di grande struttura e invecchiamento, è anche terra di bianchi eleganti dalla forte identità. Il pecorino, ad esempio, è un vitigno di mirabile freschezza e sapidità ma anche possente struttura e notevoli potenzialità d’invecchiamento a cui si affiancano altri bianchi autoctoni in una sequenza che vede passerina, cococciola e montonico oltre al gigante trebbiano, che si conferma protagonista.