Nuovi Trend di Mercato
Lo charme dei vini rosati
Che il rosa sia un colore particolare dalle forti connotazioni sociali e di genere è risaputo. O lo si ama, o lo si detesta. Nell’immaginario collettivo trasuda romanticismo, gentilezza, femminilità. E come la mettiamo con il rosa nelle cantine e in bottiglia?
“E’ un vino da donne”, “è senza identità”, “non è capace d’invecchiare”: troppi sono stati i luoghi comuni sul rosato generati dalla perniciosa abitudine di considerarli vinelli da servire ghiacciati, vini prodotti con la mano sinistra e senza sentimento.
Per anni il mercato del rosato ha zoppicato nel nostro Paese ma da qualche anno i vini rosati sono tornati in auge, hanno acquistato grande capacità attrattiva e riscuotono un crescente interesse da parte dei consumatori, italiani e stranieri. E se il trend è molto favorevole per le versioni ferme, è addirittura esplosivo e apparentemente inarrestabile nella spumantizzazione. L’appeal del rosato sta nel suo essere versatile, duttile, invitante e facile da abbinare. Le ricerche lasciano intravedere anche un consumo colto ed esigente da parte di un pubblico più maturo e culturalmente attrezzato.
Un successo che ha sollecitato tecnici e produttori a dedicare ai rosati più attenzione rispetto al passato, superando pregiudizi vetusti e radicati. Così si è ripreso a fare ricerca in vigna, in cantina e nel marketing per creare prodotti sempre più rispondenti alle attese.
Benchè sia piuttosto diffusa l’idea che per ottenere un rosato occorra semplicemente mescolare un vino bianco e uno rosso, le cose non stanno così, produzione di Champagne rosè a parte.
Colore e profumi sono figli di molte variabili, tutte assai importanti, le uve in primis, scelte tra pinot nero o grigio, freisa, barbera, lagrein, toreldego, syrah e naturalmente aglianico, cerasuolo, negroamaro, gaglioppo e altri ancora.
Poi il terroir gioca un ruolo in primissimo piano: le stesse varietà di uve coltivate in luoghi differenti danno risultati molto diversi che un naso fine è in grado di distinguere.
La tecnica di vinificazione è un altro elemento critico. Si può scegliere di vinificare in rosso con tempi ridotti di macerazione sulle bucce, di mescolare uve rosse e bianche, di effettuare un salasso.
Poi ci sono: selezione del ceppo di lievito, maturazione in contenitori diversi, scelta di fare o meno la malolattica, parametri che giocati sapientemente consentono di ottenere vini con profili olfattivi assai diversi: fresche erbe aromatiche; rosa, violetta e gelsomino; vini in cui la frutta sposa il pepe rosa o lascia il posto a note agrumate.
Rispetto al passato comunque, i colori di oggi sono meno intensi, ma più luminosi e attraenti. Traspaiono molta più finezza, pulizia e freschezza sul piano olfattivo.
Un paio di punti necessitano di un’ulteriore messa a fuoco. Un primo mito da sfatare è quello che il consumo di rosato debba rigidamente limitarsi a un breve periodo dell’anno, a una parentesi solare e un po’ sbarazzina, per poi lasciare spazio a vini seri e impegnativi, bianchi o rossi che siano. Destagionalizzare il consumo del rosato è possibile: la produzione di rosati meno effimeri, fatti per evolvere positivamente negli anni, incoraggia questo approccio. Il ritorno di fiamma per i rosati su scala planetaria ha infatti dato l’opportunità ai produttori di questa categoria di ricercare la capacità di evoluzione in bottiglia nell’arco di almeno due-tre anni. In altre parole si cerca di superare il clichè del rosato effimero da consumare entro l’estate successiva alla vendemmia.
Il secondo argomento concerne la tentazione di cristallizzare l’idea del rosato come vino facile e informale che finisce per banalizzarlo, liquidandolo come un vino gradevole ma incapace di procurare grandi emozioni e di esprimersi a grandi livelli. Bisogna avere il coraggio di affermare che accanto a etichette semplici e non pretenziose vi sono espressioni di rosato che sanno entusiasmare e accontentare palati esigenti, figurando benissimo con piatti raffinati e cucina d’autore.
L’estrema versatilità del rosato lo rende infatti adatto alle situazioni più diverse. E’ ideale come aperitivo o come componente di cocktail e si sposa a meraviglia con cibi informali e poco strutturati come antipasti, tapas, panini, pizze e cibi di strada o da picnic. A tavola toglie con disinvoltura l’imbarazzo della scelta per accompagnare l’intero pasto, mettendo spesso d’accordo commensali che scelgono cibi diversi. Ha il merito anche di sintonizzarsi con le più diverse tendenze e gastronomie. Come a dire, non c’è cucina etnica, sushi, sashimi o altro che tenga di fronte al giusto rosato.
Da nord a sud, dalle regioni storicamente più vocate per i rosati come Puglia, Abruzzo e Veneto a quelle che stanno elaborando una propria dimensione, il mondo dei rosati oramai sta sbocciando. Sia come sia, per ottenere un vino unico com’è ambizione di molti produttori, il rosato richiede una buona dose di personalità. E le premesse sono buone: i viticultori italiani cercano un loro stile preservando l’innata biodiversità di carattere tipica del nostro Paese. Del resto, siamo o no, un popolo di santi, poeti, navigatori e… vignaioli?